I cesarei, veduta la riforma de' francesi e considerato il proemio, parve loro d'esser notati come di poca autoritą. Si dolsero co' legati che gl'articoli di riforma raccordati dall'imperatore o da loro non fossero stati proposti, quantonque ne avessero dato fuori copie, mandate a Roma e disseminate per Trento, e ricercando che si ponessero insieme con quei de' francesi. Si scusarono i legati per la facoltą, data loro dall'imperatore con lettere e da essi ambasciatori a bocca, che proponessero e tralasciassero quello che a loro pareva, soggiongendo che aspettavano tempo opportuno, e che veramente li francesi non avevano trovato buona congiontura, mentre che vive la differenza de' doi canoni, che dą molta necessitą a Sua Santitą. Non restarono sodisfatti gl'ambasciatori, dicendo esser differenza dal tralasciar il tutto ad una sola parte, e dal differire, tenendo tra tanto le cose col debito rispetto, al propalarle e metterle in derisione. E replicando Simoneta che era troppo difficile discernere quei da proporre, dove erano manifesti quei da tralasciare; in fine si contentarono li cesarei che s'aspettasse quello che il papa avesse detto alle proposte francesi, e poi si fossero date fuori le loro. I prelati francesi avevano acconsentito con parole generali a' capitoli spettanti a' riti et altri di gravame a vescovi, che in secreto loro non approvavano, credendo che nella ventilazione d'essi dovessero aver li spagnuoli e buona parte d'italiani contrarii; ma vedendo che si mandavano a Roma, ebbero timore che, opponendosi il papa a quelli che toccavano le sue entrate, fosse condesceso agli altri, e per composizione contentatosi de' pregiudiciali a loro, per fuggir quei di suo interesse.
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