Ma quelli che piú attentamente osservavano li progressi del cardinale avvertivano una gran varietà di parlar: perché ora diceva che, non si risolvendo le cose, sarà costretto a partire la Pasca o alla Pentecoste; ora che si starà in Trento 2 anni; et ora proponendo modi di finir presto il concilio, ora proponendo partiti da eternarlo: indicii manifesti che egli non aveva ancora scoperto la sua intenzione. E prendevano sospetto del cauto proceder, il qual argomenta animo di voler con arte giustificar le sue raggioni et onestar la sua causa: onde considerando che in Ispruc dovevano intervenire ancora il re de Romani, il duca di Baviera, l'arcivescovo di Salzburg e l'arciduca Ferdinando, si teneva che quell'abboccamento non potesse apportar se non novità, attesa la poca sodisfazzione mostrata dall'imperatore sino allora del concilio e l'unione che in tutte le cose s'era veduta tra lui e Francia, potendosi pensare che il re di Spagna aderisca anco a quella parte, essendo tanto congionto con loro di sangue, massime essendosi divulgato che quel re, per lettere sue de' 8 genaro al conte di Luna, gl'aveva commesso d'intendersi coll'imperatore e con Francia nelle cose della riforma e della libertà del concilio. In questi giorni fra Feliciano Ninguarda, procurator dell'arcivescovo di Salzburg presentò lettere di quel prencipe e fece instanza che li procuratori de' vescovi di Germania potessero dar voto in congregazioni, affermando che, se cosí si facesse, altri vescovi di Germania manderebbono procuratori; ma, negandolo, et esso e gl'altri, per non star là occiosi, partirebbono.
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