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      Ma allora, ritornato, aggionse di piú che, dalle parole di quella Maestà e da quello che aveva inteso de' suoi conseglieri et osservato da' loro andamenti, gl'era parso conoscer che Sua Maestà era cosí ferma in quella sinistra impressione, che dubitava non segua qualche disordine. Che da quanto poteva comprendere, li pensieri di Sua Maestà erano indrizzati a fine d'ottener che si facesse una gran riforma, con tal provisione che si avesse da osservare, e che poteva affermare certo non esser di piacer dell'imperatore che si finisca il concilio. Aver inteso che, essendo trascorso il noncio Delfino residente a nominar sospensione o traslazione, l'imperatore mostrò dispiacere. Riferí appresso esser opinione della corte cesarea che il Catolico s'intendesse con l'imperatore in quello che tocca al concilio. Il che da lui era creduto, per essersi certificato che da' prelati spagnuoli erano state scritte lettere all'imperatore con querele del proceder degl'italiani e con molti capi di riforma: non essendo verisimile che essi avessero ardito di trattar coll'imperatore, se non sapessero la mente del loro re. Disse ancora che il conte di Luna, quando da' ministri del pontefice gl'è stato detto della troppo licenza presa da' prelati spagnuoli in parlar liberamente, egli rispondesse, interrogando che cosa s'averebbe potuto far se quei prelati avessero detto che cosí sentivano in loro conscienza. Disse di piú il Comendone che, nell'abboccamento che farà col cardinale di Lorena, era d'opinione che fossero per concludere di far proponer dagl'ambasciatori le loro petizioni.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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