Osservava che in simil occasioni da' suoi precessori erano stati adoperati rimedii gagliardi, e che in occasioni tali, dove si tratta il fondamento della fede, ha luogo quel precetto d'opporsi gagliardamente a' principii, e che come nelle rotte de' fiumi, non ovviando alle minime rotture degl'argini, non si può tener la piena, cosí quando si fa minima apertura contra la potestà suprema, sono portate con facilità all'estremo precipizio. Era consegliato di scriver all'imperatore un risentito breve, come fece Paolo III all'imperatore Carlo per causa de' colloquii di Spira, et arguir Cesare che in quei articoli volesse metter in dubio le cose chiarissime; e con un altro breve riprender li conseglieri che l'avessero a ciò persuaso et ammonir i teologi che vi sono intervenuti a farsi assolvere dalle censure. Ma, ben pensato, considerò esser differente lo stato delle cose da quello che fu sotto Paolo; prima, perché allora la disputa fu publica, che questa era secreta e trattata quasi in occolto e con cura che non si sapesse, onde egli poteva anco dissimular la notizia, e se l'avesse publicata e fosse continuata dopo la sua riprensione, si metteva a maggior pericolo; che Carlo conveniva star unito col papa per non sottomettersi a' prencipi tedeschi, ma questo imperatore era già quasi soggetto; e finalmente che poteva differir il rimedio arduo, essendo sempre a tempo di farlo, e fra tanto, dissimulando, veder d'impedire obliquamente la risoluzione delle consulte che si facevano con mandare a quella Maestà il cardinale di Mantova.
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