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      Non è da metter in dubio che il cardinal parlasse delle cose del concilio et informasse Cesare de' disordini che passavano, e dicesse il parer suo intorno a' rimedii per opporre alla corte di Roma et a prelati italiani di Trento, per ottener in concilio la communione del calice, il matrimonio de' preti, l'uso della lingua volgare nelle cose sacre e relassazione d'altri precetti de iure positivo, e la riforma nel capo e ne' membri, et il modo di fare che li decreti del concilio fossero indispensabili; et in qual maniera, non potendola ottenere, si potesse pigliar colorata occasione di giustificare le azzioni loro e pretender causa di proveder da se medesimi a' bisogni de suoi popoli con far qualche concilio nazionale, tentando anco d'unir li germani e francesi nelle cose della religione. Ma non fu questa sola la negoziazione sua: egli trattò anco il matrimonio tra la regina di Scozia e l'arciduca Ferdinando, figlio dell'imperatore, e quello d'una figliuola di Sua Maestà col duca di Ferrara, e di trovar modo di componer le differenze di precedenza di Francia e di Spagna, che, come cose domestiche, toccano li prencipi piú intrinsecamente che le publiche.
      Ma dopo il ritorno di Lorena, seguendosi le congregazioni, Giacomo Alano, teologo francese, entrò parimente nella materia delle dispense. Disse che l'autorità di dispensare era data alla Chiesa immediate da Cristo e che dalla Chiesa era distribuita a' prelati, come faceva bisogno, secondo li tempi, luoghi et occasioni. Inalzò in sommo l'autorità del concilio generale, che rapresenta la Chiesa, e sminuí quella del pontefice, aggiongendo che al concilio generale partiene allargarla o restringerla.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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