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      Perché meglio sarebbe non fosse mai stato comminciato, che esser lasciato imperfetto con scandalo del mondo, vilipendio di Sua Santità e di tutto l'ordine ecclesiastico, e pregiudicio a questo et a' futuri concilii generali, con giattura delle poche reliquie del popolo catolico, e con lasciar opinione nel mondo che il fine della dissoluzione o sospensione fosse impedir la riforma; che nell'intimarlo la Santità Sua aveva ricchiesto il consenso di lui e degl'altri re e prencipi, il che da lei era stato fatto ad imitazione de' pontefici precessori, li quali l'hanno giudicato necessario per diversi rispetti: la medesima raggione concludere che non possi esser disciolto, né sospeso senza il medesimo consenso, essortandola a non dar orrecchie a quel conseglio, come vergonoso e dannoso, il qual senza dubio tirerebbe in consequenza concilii nazionali, sempre aborriti dalla Santità Sua come contrarii all'unità della Chiesa; li quali, sí come sono stati impediti da' prencipi per conservar l'autorità ponteficia, cosí non si potranno negare, né differir piú longamente. E l'essortava ad esser contenta d'aiutar la libertà del concilio, la qual veniva impedita principalmente per tre cause: l'una, perché ogni cosa si consultava prima a Roma; l'altra, perché non era libero il proporre, avendo li legati soli assontosi questa libertà, che doveva esser commune; la terza causa, per le prattiche che facevano alcuni prelati interressati nella grandezza della corte romana. Che essendo necessaria una riformazione della Chiesa et essendo commune opinione che gl'abusi abbiano origine e fomento in Roma, era necessario, per satisfazzion commune, che la riforma si facesse in concilio e non in quella città. Che però Sua Santità si contentasse che fossero proposte le dimande essibite da' suoi ambasciatori e quelle degl'altri prencipi.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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