à e per gl'altri negozii non meno importanti, esservi impossibile l'andar a Trento, e di trasferirlo dove potesse andar non parlerebbe, per non dar sospetto.
Dubitò il pontefice che gl'interressi dell'imperatore e di Francia in modo alcuno non potessero unirsi co' suoi, e però di loro poco si poteva prometter e meno sperare, poiché essi non pensavano al concilio se non quanto gli preme per proprii interessi de' loro Stati, e però dal concilio essi altro non voler, se non quello che possi dar sodisfazzione e contentar i loro popoli, e, non potendo ottenerlo, impedir il fine del concilio per mantenergli in speranza. Questi interessi non poter muover il re di Spagna che ha li popoli catolici, onde può conformarsi col voler di esso pontefice senza pregiudicio de' suoi Stati, anzi gl'è utile d'esser tutto unito con lui per ottener delle grazie; e però esser necessario sollecitarlo con continui officii e dargli speranza d'ogni sodisfazzione. Et opportunamente arrivò a Roma Luigi d'Avila, mandato espresso dalla Maestà catolica, il qual il papa onorò sopra modo, lo alloggiò nel suo palazzo nelle stanze dove soleva abitar il conte Federico Borromeo, suo nipote, et usò seco ogni effetto di cortesia. Le cause perché fu mandato furono per ottener dal pontefice prorogazione per altri 5 anni del sussidio del clero concessogli e grazia di vender 25000 scudi de' vassallatichi delle chiese. Aveva anco in commissione di procurare dispensa di matrimonio tra la prencipessa sorella del re e Carlo, suo figliuolo, la qual in Spagna si teneva per facile, poiché molti, eziandio tra privati, erano dispensati di contraer matrimonio con la figlia del fratello o della sorella, che sono pari in grado a quello di pigliar la sorella del padre; oltra che d'un matrimonio di questa sorte nacquero Mosè et Aaron.
| |
Trento Francia Stati Spagna Stati Roma Luigi Avila Maestà Federico Borromeo Carlo Spagna Mosè Aaron
|