[Arriva il legato Navagiero, che promette riforma; ma il papa l'avoca a sé e cerca di guadagnarsi Lorena]
Quel medesimo giorno, di notte, il cardinale Navaggero, avendo dato voce d'entrar il giorno seguente, per fuggir gl'incontri e ceremonie, arrivò a Trento; il qual portò che al loro partir da Roma il pontefice aveva detto loro che facessero una buona e rigorosa riforma, conservando l'autorità della Sede apostolica, la qual è il capo piú necessario per tenerla Chiesa ben formata e regolata.
Ma il pontefice, con tutto questo, ne' raggionamenti che aveva con gl'ambasciatori residenti appresso sé, gli ricercava di far intender a lui la riforma che desideravano li loro prencipi: il vero fine del papa era che, date le dimande a lui, s'astenessero di darle al concilio et egli avesse occasione, col mostrar difficoltà insuperabile in ogni particolare, sedar l'umor fluttuante di riforma. E mirando a questo scopo istesso, con gl'ambasciatori diceva anco spesse volte che i prencipi s'ingannavano credendo che la riforma basti per far tornar gl'eretici; che essi hanno prima apostatato e poi preso gl'abusi e deformazioni per pretesto. Che le vere cause quali hanno mosso gl'eretici a seguitar li falsi maestri, non sono gli disordini degl'ecclesiastici, ma quelli de' governi civili; e però, quando li defetti degl'ecclesiastici fossero ben intieramente corretti, essi non ritornerebbono, ma inventerebbono altri colori per restar nella loro pertinacia. Che questi abusi non erano nella primitiva Chiesa et al tempo degl'apostoli, e nondimeno in quei tempi ancora vi erano eretici, e tanti quanti adesso, a proporzione del numero de' buoni fedeli.
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