Ma la verità era che li francesi, certificati in se medesimi di non poter ottener dal concilio, mentre che gl'italiani facevano la parte maggiore, cosa che fosse per loro servizio, incomminciavano a non sperar piú, né tener conto alcuno del concilio, mentre stasse in Trento; levarono la provisione a' teologi mandati dal re e concessero licenza di partire a chi voleva; lasciandogli però in libertà di restare. Perilché l'uno dopo l'altro partirono quasi tutti. Restarono sino in fine li doi benedittini, a' quali erano somministrate le provisioni da' monasterii loro; e l'Ugonio, per il commodo che gli era dato da' ponteficii di trattenersi, al quale fecero aver luogo e spese nel monasterio, oltre la provisione di 50 scudi che gl'avevano assegnato ogni tre mesi.
Il cardinale di Lorena, avendo essaminato e fatto essaminar le allegazioni mandate dal papa all'imperatore e fattaci sopra una censura, la mandò a quella Maestà. Egli credette d'aver fatto il tutto secretamente, ma dal sudetto teologo, non solo fu scoperto, ma ancora fattane copia a' legati, li quali, aspettando di breve il Morone, scrissero a' vescovi partiti da Trento, di ordine del papa, che dovessero ritornar per repigliar le azzioni conciliari. Tra tanto il 10 di maggio fu fatta congregazione per leggere le lettere della regina di Scozia, presentate dal cardinal di Lorena, nelle quali ella dicchiarava che si sottometteva al concilio, e commemorata la successione sua, ch'aspettava nel regno d'Inghilterra, prometteva che, come fusse seguita, averebbe sottomesso l'un e l'altro di quei regni all'obedienza della Sede apostolica.
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