Ma lo trovò, che non averebbe creduto, molto impresso che l'onor suo ricercasse di non abandonar quella negoziazione. Si dolse Lorena che Morone, ritornato dall'imperatore, non gl'avesse partecipato cosa alcuna del suo negoziato, dicendo però che da quella Maestà era stato avisato del tutto. Gli disse che il re Catolico era ben unito con l'imperatore e che tra il conte di Luna e lui vi era buona intelligenza. Nella materia della residenza disse che era necessario dicchiararla, che cosí era mente dell'imperatore e che quasi tutti li prelati erano di quel parere, eccetto alcuni italiani, e che questa dicchiarazione si ricercava a fine che il papa non potesse dispensare; onde l'opera del cardinal di Ferrara fece poco frutto. Et il cardinal di Lorena, tornato a Trento, publicò per tutto che Ferrara aveva fatto seco officio per nome del papa e de' legati che la residenza si terminasse con un decreto penale, senza dicchiarar che sia de iure divino, ma che egli non era per assentire.
Ma il cardinale Morone, per addolcir Lorena, prima che si venisse alle prattiche strette delle cose conciliari, conoscendo come bisognava mostrar di differir ogni cosa a lui, andò a visitarlo pontificalmente con la croce inanzi et accompagnato da molti prelati e, dopo li complementi, gli disse che desiderava che consegliasse, commandasse et operasse non altrimenti che se fosse uno de' legati. Che il pontefice voleva la riforma et aveva mandato 42 capi di molto severa, e scritto che si proponessero anco quelli che furono raccordati dagli ambasciatori cesarei e francesi, levati gl'appartenenti alla corte romana, la quale Sua Santità voleva riformar essa, per mantenimento dell'autorità della Sede apostolica.
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