Agl'ambasciatori francesi dispiacque grandemente il fatto del cardinale di Lorena, parendo loro che, se li legati non fossero stati disposti a commendare le azzioni del re, egli avesse dovuto incitargli, anzi costringergli per quanto potesse, dove che in contrario, avendo essi giudicato convenire, come era anco giusto e raggionevole, una commendazione del fatto, egli gl'aveva dissuasi. Ma consultati tra loro risolverono che non fosse ben scriverne in Francia per molti rispetti, poiché Lansac, che presto doveva esser di ritorno, poteva a voce far quella relazione che fosse stata necessaria.
Il mese inanzi era successo in Baviera un gran tumulto e sollevazione popolare, perché non era stato concesso loro l'uso del calice e che li maritati potessero predicare; il qual disordine procedette tanto inanzi che, per acquietargli, il duca promise nella dieta che, quando per tutto giugno in Trento overo dal pontefice non fosse stata presa risoluzione di dar loro sodisfazzione, egli averebbe concesso e l'uno e l'altro. Il che udito nel concilio, li legati spedirono in diligenza Nicolò Ormanetto a persuader quel prencipe di non devenire a tal concessione, promettendogli che il concilio non mancherebbe a' suoi bisogni. Al quale il duca rispose che, per mostrar l'obedienza e devozione sua verso la Sede apostolica, averebbe fatto ogn'opera per trattener li popoli suoi piú che fosse stato possibile, aspettando o sperando che il concilio fosse per risolvere quello che si vedeva esser necessario, non ostante la determinazione fatta prima.
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