A che risposero li legati che quel decreto era passato di commun consenso di tutti li padri, con tutto ciò averebbono avuto sopra considerazione per risolvere quello che sarebbe stato giusto, quando esso gl'avesse presentata l'instanza in scritto. L'ambasciator la diede e fu da' legati mandata al pontefice, se ben Morone diceva che era superfluo e che si dovesse, senza dar altra molestia a Sua Santità, portar la risposta in longo. Ne' negoziati de' prencipi, massime che non toccano il sustanziale del loro Stato, avviene che, se ben essi per le mutazioni delle cose mutano opinione, nondimeno per gl'ufficii da loro fatti inanzi la mutazione, succedono cose contrarie alla nuova volontà. Cosí avvenne che gl'ufficii fatti dalla regina col re di Spagna prima che risolvesse di sodisfar al pontefice totalmente nel fatto del concilio produsse l'effetto della lettera di quel re. Però Morone, che penetrava il fondo, non ne tenne quel conto che altri stimava.
[Discorso del general Lainez a favor di Roma]
Nella congregazione de' 15 giugno propose il cardinale Morone che fosse statuito il giorno determinato per la sessione a' 15 di luglio. Segovia con alcuni altri pochi disse che non vedeva come si potessero in cosí breve spacio di tempo risolvere le difficoltà che si avevano per le mani della ierarchia, dell'ordine, dell'instituzione de' vescovi, della preminenza del papa, della residenza, e che meglio era prima decider le difficoltà, che poi sempre si poteva statuire un breve termine al giorno della sessione, che prononciarlo, per dover poi allongarlo con indegnità. Ma essendo pochi quelli che contra dissero, la proposta fu stabilita quasi senza difficoltà. Ma il dí seguente il Lainez, general de giesuiti, nel voto suo s'indrizzò a risponder a tutte le cose che dagl'altri erano state dette, non ben conformi alla dottrina della corte, con affetto cosí grande, come se si fosse trattato della propria salute.
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