Nella materia delle dispensazioni si allargò assai: disse irraggionevolmente esser stato detto non esservi altra potestà di dispensare salvo che interpretativa e decchiarativa, perché a questo modo maggior era l'autorità d'un buon dottore che d'un gran prelato, e che il dire che con la dispensa il papa non possi disobligar quello che appresso Dio è obligato, non è altro che insegnar agl'uomini il preferir la propria conscienza all'autorità ecclesiastica, la qual conscienza, poiché può esser erronea, e per il piú anco è, il rimettersi a quella non esser altro che profondar ogni cristiano in abisso de pericoli. Che sí come non si può negare che in Cristo non sia l'autorità di dispensare in ogni legge, né che il pontefice sia vicario di Cristo, essendo il medesimo tribunale et il medesimo consistoro del principale e del vicegerente, doversi confessare che il papa abbia la medesima autorità. Che questo era privilegio della Chiesa romana e doversi ognun guardare che è eresia il levar li privilegii di quella Chiesa, non essendo altro se non negare l'autorità che Cristo gl'ha dato. Passò anco a parlare della riforma della corte, e disse che, chi era superior a tutte le chiese particolari, era anco superior a molte radunate insieme, e se alla corte romana appartiene riformare ciascuna delle chiese che ha vescovo in concilio e nissuna di quelle può riformar la romana, perché non vi è discepolo sopra il maestro, né servo sopra il suo padrone, ne resta per necessaria consequenza che il concilio non abbia auttorità di metter mano in quell'opera.
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