Le qual cose consegliate in Germania e veduto non essercene altri documenti che l'affermativa di papa Gregorio VII, furono derise e rispostogli che si desideravano essempii piú recenti e piú certi e titoli piú legitimi. Andarono inanzi et indietro messi con varie proposte, risposte e repliche, delle quali, per non parlar piú, sarà ben rifferir al presente l'essito, il qual fu che, 20 mesi dopo, arrivò in Roma il conte d'Elfestain, ambasciatore di quel re, col quale si rinovarono le medesime trattazioni di dimandar la conferma e giurar l'obedienza. Ma dicendo egli d'aver in scritto l'orazione che aveva da recitar pontualmente, con commissione di non alterarne un iota, il papa, fatta congregazione generale, propose il negozio a' cardinali; li quali, dopo longa consultazione, vennero a conclusione che, se ben la conferma non sarebbe addimandata, né l'obedienza promessa, che nondimeno nella risposta all'ambasciatore si dovesse dire che la Santità Sua confermava l'elezzione, supplendo tutti li deffetti de fatto e de iure intervenuti in quella, e che riceveva l'obedienza del re, senza dire che fosse dimandata o non dimandata, promessa o non promessa. E riuscí quella ceremonia con poco gusto del pontefice e minor del collegio de' cardinali.
[Il papa vuol rallentare il decreto del proporre i legati, ma il Morone resiste. Nuovo secretario del concilio]
Ma ritornando a' tempi de' quali scrivo, restava al papa proveder alle frequenti instanze fatte dagl'ambasciatori appresso di sé e dal conte di Luna in Trento, che si levasse il decreto di "Proponentibus legatis", onde saziato di tanta molestia, scrisse a' legati che si proponesse in congregazione di sospenderlo.
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