I legati, per liberarsi dall'imputazione che gl'era data d'aver proceduto in cosa di tanto momento clandestinamente e quasi con fraude, furono necessitati publicar gl'ordini espressi ricevuti da Roma di dover cosí operare in quel tempo, in quel modo, in quel luogo e senza communicare. Il Ferrier publicamente diceva che, se non fosse stato il rispetto al culto divino, averebbe fatto la protestazione che teneva in commissione dal suo re, la qual per l'avvenire farebbe, quando non si restituissero le solite ceremonie d'incenso e pace, dando loro in quelle il debito luogo. Scrisse anco il cardinale di Lorena al pontefice una lettera assai risentita, esponendo il torto che si trattava di far al suo re e modestamente dolendosi che Sua Santità gl'avesse fatto dire di confidar tanto in lui, che voleva gli fossero communicate tutte le cose del concilio, del che, se ben non vedeva l'effetto, non se ne doleva, ma ben gli premeva che avesse commandato a' legati di non communicargli le cose sue proprie e quello che meglio d'ogni altro poteva adoperarsi in bene; aggiongendo non esser seguito tutto 'l male che sarebbe seguito, se esso non si fosse messo in mezo; soggiongendo che del tutto la colpa era attribuita alla Santità Sua e pregandolo a non voler esser autore e causa di tanti mali. E gli mandò anco in posta il Musotto per esplicargli piú particolarmente la risoluzione degl'ambasciatori francesi et il pericolo imminente. Il conte di Luna si lamentava della durezza de' francesi e magnificava la molta pazienza e modestia usata da sé, e fece instanza co' legati che la dominica seguente fosse admesso a luogo e ceremonie uguali, secondo l'ordine del papa.
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