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      Ma il cardinale di Lorena fu autore d'una via di mezo: che si ommettesse quel capo e che bastavano quattro parole, rimettendo la essecuzione a' vescovi, che procurassero di farle osservar quanto loro fosse possibile.
     
     
      [Consulta de' principali e congregazione sopra i decreti]
     
      Stabilite queste cose, fu risoluto di legger il tutto nella consulta di quei principali, acciò che nella congregazione generale le cose passassero con intiera quiete. Si contentarono ambe le parti, eccetto che per il sesto anatematismo, dove si dice la ierarchia esser instituita per ordinazione divina; l'arcivescovo d'Otranto et altri prelati pontificii s'insospettirono che le parole espresse in termini cosí generali, significando che tutti gl'ordini sacri, senza far differenza tra l'uno e l'altro, siano per ordinazione di Cristo, potesse inferire che li vescovi siano uguali al sommo pontefice. Ma li teologi e canonisti ponteficii gl'essortarono a non metter difficoltà, essendo cosa chiara da' canoni antecedenti e seguenti che non si trattava se non de cosa pertinente all'ordine, nel che il pontefice non eccede gl'altri vescovi, e della giurisdizzione non si faceva menzione alcuna. I medesimi ancora ebbero in sospetto le parole del proemio del capitolo della residenza, dove si diceva che, per precetto divino, tutti quelli che hanno cura d'anime sono obligati conoscer le pecorelle sue, ecc., inferendo che quello fosse un modo di decchiarare che la residenza sia de precetto divino. Ma la maggior parte de' medesimi ponteficii sentivano in contrario, dicendo che tutti quei particolari, che si dicono esser commandati da Dio a chi ha cura d'anime, si possono anco osservare in assenza, quantonque con la presenza s'adempino piú intieramente, e massime che le parole che seguono proveggono in maniera che non può esser alcun pregiudicio a Sua Beatitudine; aggiongendo anco che, essendo stato accommodato in quella forma dal cardinal di Mantova, era stato piú e piú volte posto in consultazione, né mai era stato fatto quel dubio sopra, e che a Roma medesmamente non l'avevano giudicato pregiudiciale.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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