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      Il cardinale di Lorena consegliò li legati a facilitar quel negozio e levar via tutti quei capi che si vedesse non poter passar senza molta contrarietà, aggiongendo che quanto meno cose fossero trattate, tanto meglio era; del che mostrando di restar con ammirazione il cardinale varmiense, il Lorena, accortosi di quello che era, lo interpellò se si maravigliava perché non vedeva in lui quel calore e desiderio di riforma che aveva mostrato altre volte, e soggionse nondimeno il desiderio esser il medesimo e l'istessa disposizione dell'animo ad adoperarsi con ogni vigore; ma l'esperienza avergli insegnato che non solo non si può far in concilio cosa né perfetta, né mediocre, ma che anco ogni tentativo in quella materia sia per tornar in male. S'adoperò anco il cardinale col conte di Luna, acciò non cercasse di differir la riforma totalmente, ma essendovi cosa di non intiera sua sodisfazzione, si lasciasse intender del particolare, che egli s'averebbe adoperato per far che fosse compiaciuto.
      Gl'ambasciatori imperiali primi di tutti, il 31 di luglio, diedero in scritto la risposta loro, nella quale primieramente dissero che, desiderando universal riforma nel capo e ne' membri et avendo letto gl'articoli essibiti, avevano alcune cose aggionte et alcune notate, e facevano instanza che secondo quelle fossero corretti e proposti alla discussione de' padri. E perché Cesare con gl'ambasciatori di molti prencipi di Germania teneva dieta in Vienna per trattar anco molte cose spettanti al concilio, fossero contenti di ricever in bene, se, avuto nuovo mandato da Sua Maestà, all'avvenire gli presentassero ancora altre considerazioni; che per allora agl'articoli da loro proposti ne aggiongevano 8: che sia fatta riforma del conclavi in concilio, seria e durabile; sia proibita l'alienazione de' beni ecclesiastici senza libero e fermo consenso del capitolo, e questo principalmente nella Chiesa romana; che siano levate le commende e coadiutorie con futura successione; che siano riformate le scole et università; che sia ordinato a' concilii provinciali di emmendar li statuti di tutti li capitoli, e parimente gli sia data autorità di riformar li messali, breviarii, agende e graduali, desiderando riforma non tanto de' romani, ma di quelli di tutte le chiese; che li laici non siano citati a Roma in prima instanza; che le cause non siano avvocate dal foro secolare all'ecclesiastico sotto pretesto di denegata giustizia, senza informarsi prima della verità della supplica; che nelle cause profane non siano dati conservatori.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
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