E non contenti li prelati di questo ufficio e d'altri fatti da loro, ciascuno appresso li cardinali et altri di Roma con quali potevano, proponevano che si aggiongesse ne' decreti del concilio qualche parola in favor de' vescovi, che gl'essentasse o assicurasse, [e] si decretasse il modo di fare li processi in quella materia; il che, se ben non potesse riuscir nella prima sessione, si deliberasse per la susseguente. Et il cardinal Morone diede speranza di dar loro sodisfazzione. E questo accidente tenne cosí occupato il concilio per il numero degl'interressati che, se non fosse pochi dí dopo arrivata nuova che il duca di Sessa, avendo sentito ildisgusto universale e dubitando per sentori andatigli alle orecchie che il ducato di Milano non pigliasse essempio da' fiaminghi, che a punto erano divenuti gueusii (cosí chiamano in quei paesi quelli della religione riformata) per il tentativo fatto di mettergli l'Inquisizione, non avesse conosciuto l'intempestività di trattar quel negozio e fatto fermar gl'ambasciatori destinati al re, promettendo che egli averebbe fatto ufficio sí che lo Stato averebbe avuto sodisfazzione, era per riuscir cosa di qualche gran momento.
[Il papa sollecita il fine del concilio]
Il pontefice, vedute le risposte dagl'ambasciatori date a' capitoli da' legati proposti, tanto piú si confermò che bisognava metter fine al concilio, altrimente qualche gran scandalo sarebbe seguito, et aveva per leggieri gl'inconvenienti preveduti e dubitava di qualche maggior impreveduto; ma vedendo la difficoltà di metter fine senza terminar le cose perché il concilio era congregato, se i prencipi non se ne contentavano, deliberò di far ufficio di questo con tutti.
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