Gl'ambasciatori, il dí seguente, diedero conto al re delle cause perché avevano differito sino allora e perché in quel tempo erano stati costretti a passar alla proposta, soggiongendo che averebbono differito a farla registrare negl'atti del concilio sin tanto che da Sua Maestà fosse veduta e commandato loro qual fosse la sua intenzione.
I legati, non avendo copia dell'orazione, ne fecero far una raccolta dalla memoria di quelli che erano stati piú attenti per mandarla al pontefice, del qual sommario avendone avuto Ferrier copia, si lamentava che molte cose fossero state espresse contra la sua intenzione, et in particolare che dove egli aveva nominato le leggi ecclesiastiche, era stato riposto leggi spirituali, e che diceva che li re possono prender li beni della Chiesa a beneplacito, dove egli aveva detto: solo per causa necessaria. Per questo egli si vidde costretto di dar fuori l'orazione e ne mandò una copia a Roma al cardinal di Lorena, scusandosi se non aveva usato parole di tanta acrimonia come gli era commandato nelle ultime instruzzioni e nelle prime che sono riconfermate in quelle; aggiongendo anco che non poteva tralasciar d'ubedir al re, né meno sottogiacer alle reprensioni che egli averebbe convenuto soffrire da' conseglieri di parlamento, quando in un concilio generale, in sua presenza, si fossero determinate cose di tanta importanzia contra quello che da' parlamenti è stato sostenuto con tanta accuratezza; senza che, essendo l'autorità regia, che egli defendeva, sostenuta continuamente per 400 anni dal regno di Francia contra la guerra fattagli dalla corte di Roma, non era giusto che i padri del concilio, la maggior parte corteggiani romani, dovessero esser giudici delle vecche differenze che il regno ha con quella corte.
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