Diede anco copia dell'orazione agl'ambasciatori et a qualonque ne dimandava, della quale gl'altri dicevano che altramente la prononciò di quello che poi ha messo in scritto. A che egli replicava che non sarebbe detto cosí da chi avesse mediocre intelligenza di latino, e con tutto che fosse medesima la prononciata e la scritta, se essi l'avevano per diverse, dovevano raccordarsi lo stile della sinodo esser non dar mai giudicio sopra le cose come erano dette in voce, ma come erano essibite in scritto, e però a quello attendessero senza mover controversia di cosa dove era piú giusto creder a lui che ad alcun altro.
Uscita l'orazione in publico, gli fu fatta risposta da uno innominato sotto nome della sinodo, dicendo che con buona raggione gl'ambasciatori francesi s'erano comparati agl'ambasciatori ebrei, avendo, cosí essi come quelli, fatto querimonia indebita contra Dio, e che ben gli veniva la risposta che il profeta per nome divino diede a quel popolo: "che se per tanti anni avevano digiunato e pianto e mangiato e bevuto, tutto era stato per loro proprii interessi". Che li re di Francia erano stati causa di tutti gl'abusi di quel regno con nominar a' vescovati persone illiterate, ignare della disciplina ecclesiastica e piú inclinate a vita lasciva che religiosa. Che i francesi non volevano risoluzione de' dogmi controversi, acciò che la dottrina cristiana restasse sempre incerta e fosse dato luogo a' nuovi maestri, che potessero grattar il prurito delle orrecchie di quella nazione, poco inclinata alla quiete.
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Dio Francia
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