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      Che in tempi tanto turbulenti non avevano risguardo a dire che toccasse al re, ancora giovanetto, disponer di tutto 'l governo della Chiesa. Che avevano detto asseverantemente li beneficiali esser solamente usuarii delle entrate, e pur in Francia, da immemorabile tempo, si sono sempre portati per usufruttuarii, facendo anco testamento et essendo ereditati da' propinqui, quando muorono intestati. Che il dire delle entrate li poveri esser patroni, era molto contrario ad un altro detto nella medesima orazione, che il re era patrone di tutti li beni ecclesiastici e poteva disponer a beneplacito. Esser una grand'assordità il non voler che il re possi esser da un concilio generale ripreso, poiché David re fu ripreso da Natan profeta et admise la reprimanda. Che sentiva alquanto il fetore d'eresia il tassar li vescovi de' prossimi tempi e de' precedenti, quasi che non siano stati veri vescovi. In fine si diffondeva la scrittura longamente contra il detto dell'ambasciatore, che li prencipi sono dati da Dio, confutandola come eretica e dannata dall'estravagante di Bonifacio VIII, Unam sanctam, se non si distingueva con dire che sono da Dio, ma mediante il suo vicario.
      Da questa scrittura mosso, l'ambasciator messe fuori un'apologia in risposta, come se fosse alla sinodo fatta, dicendo che li padri non potevano rispondergli come il profeta a' giudei, imperoché essi dimandavano la riforma dell'ordine ecclesiastico principalmente in Francia, conoscendo in quello il mancamento, e non come li giudei, a' quali, perché ignoravano li proprii defetti, fu imputata la causa del digiuno e pianto.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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