Che li padri, ascrivendo a' loro re la causa della disformazione ecclesiastica, si guardassero di non far come Adamo, quando rivoltò la colpa sopra la donna datagli da Dio in compagnia, perché essi confessavano esser grave peccato ai re presentar vescovi indegni, ma maggior quello de' pontefici d'admettergli. Che avevano ricercata la riforma inanzi li dogmi, non per lasciargli incerti, ma perché, convenendo in quelli tutti li catolici, riputavano necessario incomminciar da' costumi corrotti, fonte et origine di tutte le eresie. Che non si pentiva d'aver detto esser negl'articoli proposti molte cose repugnanti agl'antichi decreti, anzi voleva aggiongerci che derogavano anco alle constituzioni de' pontefici de' prossimi tempi. Che aveva detto Carlo Magno e Ludovico IX aver ordinato le leggi ecclesiastiche con quali era stata governata Francia, non che il re allora intendesse farne di nuove, e quando anco avesse cosí detto, averebbe parlato conforme alle Sacre Lettere, alle leggi civili romane et a quello che scrivono gl'autori ecclesiastici greci e latini inanzi il libro de' decreti. Dell'aver detto li beneficiali aver il solo uso delle entrate dimandava perdono, perché doveva dire che erano solamente amministratori, e quelli che vogliono aver per male quello che ha detto, si lamentino di Gieronimo, Agostino et altri padri, che non solo dissero li beni ecclesiastici esser de' poveri, ma che li chierici, a guisa di servi, acquistavano tutto alla Chiesa. Che mai aveva detto, il re aver libera potestà sopra li beni ecclesiastici, ma ben che tutto era del prencipe in tempo d'instante et urgente necessità publica, e chi sapeva la forza di quelle parole, ben conosceva in quel tempo non aver luogo né ricchiesta, né autorità del papa.
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