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      E se ben il noncio avisava che quella Maestà era stata dubiosa a risolversi e che vi era pericolo che non si mutasse, nondimeno, intendendo che il re de' Romani era stato autore di farlo deliberare, dicendo che era ben finirlo, perché non faceva, né vi restava ponto di speranza che facesse alcun buon frutto, restava certo che quel re da se stesso e da buona raggione mosso, averebbe perseverato in proposito, e per consequenza mantenuto il padre in opinione.
      Ma in Trento gl'ambasciatori francesi, dopo l'orazione, non comparvero piú in publico; fecero intender a quei pochi prelati che restavano l'intenzione del re esser che s'opponessero al quinto capo et al secondo, in quanto le persone e cause di Francia per virtú di quelli potessero esser tirate a litigar fuori del regno, et al decimonono, in quanto le prevenzioni venivano canonizate e privati li parlamenti delle loro prerogative nelle cose beneficiali.
      I legati, finito che fu di dire il parer di tutti sopra gli 21 capitoli, proposero di parlar sopra gl'altri, a che tutti gl'ambasciatori s'opposero per il capo de' prencipi. Si dolevano li padri che, trattandosi di riformar, come sempre fu detto, tutta la Chiesa, nel capo e ne' membri, in fine li prencipi non volessero alcuna riforma se non per l'ordine clericale; il qual anco non poteva esser riformato se li prelati erano impediti nel far li carichi loro e se non era conservata la libertà ecclesiastica; e pur tuttavia li prencipi, che mostravano desiderar riforma, s'opponevano a quel decreto che restituiva loro la libertà e la giurisdizzione necessaria per riformare.


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Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





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