[Ottava sessione. Lettura della dottrina e della riforma]
Arrivò l'11 di novembre, nel qual fu tenuta la sessione con le solite ceremonie. In quella, dovendosi dir li voti nella materia del matrimonio clandestino, il cardinale varmiense, che la teneva materia di fede e non sentiva che la Chiesa vi avesse sopra autorità, non volse intervenir, iscusandosi che, quando si trattasse di cosa de iure positivo, non averebbe giudicato inconveniente dir il suo voto con libertà, quantonque dovesse esser decretato in contrario, ma che in questo sarebbe stato costretto dire, per satisfar alla sua conscienza, che la sinodo non poteva far quel decreto, il che averebbe potuto causar qualche disgusti, da che egli era molto alieno. Fece il sermone Francesco Ricardoto, vescovo d'Arras, dove ammoní il concilio che, essendo oramai 2 anni, che quella santissima sinodo stava per partorire e stando ognuno in espettazione qual debbia riuscire il suo parto, non conveniva che mandasse in luce un parto troncato o mutilato, che il mondo aspetta una prole soda et un parto integro; il che per mandar ad effetto, conveniva che risguardino gl'apostoli e martiri e l'antica Chiesa, e farla essemplare di onde pigliar li lineamenti della prole che è per partorire: che queste sono la dottrina, la religione, la disciplina, quali tutte, essendo degenerate in questi tempi, convien restituire all'antichità, e questo esser quello che tanto tempo si è aspettato e tuttavia s'aspetta. Finite le ceremonie, furono lette le lettere di madama reggente di Fiandra della missione di 3 prelati al concilio, il mandato del duca di Fiorenza e quello del gran maestro di Malta; dopoi dal vescovo celebrante fu letta la dottrina e gl'anatematismi del matrimonio, a' quali tutti acconsentirono.
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