In questi tempi, oltre l'aviso della sessione tenuta, erano arrivate in Francia tre nuove, ricevute con disgusto. Prima, la risposta del papa sopra gli 100.000 scudi d'entrata; poi, quella della protesta fatta in concilio e dell'alterazione ricevuta per quella a Trento et a Roma, e finalmente la sentenza contra li vescovi, con la citazione della regina di Navarra. Sopra le qual cose fecero li francesi gran reflesso: risolverono di non parlar piú col pontefice per aver grazia di quell'alienazione, ma mandar in essecuzione l'editto regio verificato dal parlamento senza altro consenso del papa; il che essendo esseguito con grandissima celerità, cosí perché gl'uomini non si risolvono facilmente a spender il danaro con prestezza, come per ufficii che gl'ecclesiastici facevano, mettendo in considerazione che li contratti ne' tempi seguenti non sarebbono stimati validi, mancando la conferma del papa, pochi compratori si trovarono; il che però non cesse né a beneficio del re, né a favor del clero, ma solo seguí che la vendita fu fatta a precio basso, né si cavò piú de doi millioni e mezo de franchi, somma molto picciola all'importanza delle cose alienate, poiché la vendita fu a 12 per 100 che sarebbe anco stato a precio vile, quando si fosse venduta a 24. Et è cosa degna che ne sia fatta memoria qui, che fra li beni alienati uno fu la giurisdizzione che l'arcivescovo di Lione aveva sin allora tenuto sopra quella città, la qual fu venduta all'incanto et applicata al re per 30000 lire de franchi, se ben per gl'indoglienze che il vescovo fece, gli fu poi aggionto per supplemento del precio un'entrata di 400 scudi.
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