Quell'istesso giorno fu fatta congregazione la sera per dar principio a parlar della riforma, e preso ordine che si farebbono due congregazioni al giorno, sin tanto che i voti fossero detti.
Nelle congregazioni li voti si dicevano con grandissima brevità e risoluzione, salvo che da una poca parte de' spagnuoli, li quali desideravano metter impedimento, dove gl'altri tutti si sforzavano con la brevità di promover l'espedizione. La maggiore difficoltà fu sopra il capo sesto della soggezzione de' capitoli a' vescovi, per il grand'interresse non solamente de' medesimi vescovi, ma anco del re in diminuir l'autorità capitolare, acciò non potessero metter difficoltà a' sussidii che in Spagna vengono spesso imposti; e dall'altro canto per li favori che da' legati erano prestati a' capitoli, per li quali e per le raggioni che si adducevano molti degl'italiani, che prima parevano a favore de' vescovi, si erano mutati a favore de' capitoli. Mandò per questo il conte di Luna un corriero in diligenza a Roma, per aviso del quale l'ambasciatore Vargas fece ufficio col pontefice per la causa de' vescovi; e rimettendosi il papa, secondo il suo costume, al concilio, si dolse l'ambasciatore che li prelati italiani erano stati pratticati a mutar voto in quella materia; a che il papa prontamente disse esser mutati perché sono liberi, ma che l'agente de' capitoli non si era partito dal concilio con libertà, essendo stato scacciato: e si dolse con quell'occasione che il conte di Luna facesse ufficii in Trento, acciò non si mettesse fine al concilio.
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