Pagina (1551/1561)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      In quello che a' iuspatronati appartiene, dicevano gran torto esser stato fatto a' secolari in difficoltargli le prove, e tutto quel capo esser fondata sopra una falsa massima: che tutti li beneficii siano liberi, se non si prova il patronato. Perché č certo in contrario che le chiese non hanno beni temporali, se non dati da secolari, li quali non si debbe presupponer che l'abbiano voluto conceder sí che potesse esser maneggiato e dissipato ad arbitrio degl'ecclesiastici, onde dal suo principio ogni beneficio era patronato e si doverrebbe presupponer tale, eccetto dove si potesse mostrar donazione assoluta con cessione totale della patronia; e sí come la communitŕ overo il prencipe succedono a chi non ha altro erede, cosí tutti li beneficii che non sono de iure patronatus d'alcuno, doverebbono esser sotto la patronia publica. Alcuni anco d'essi si ridevano di quella forma di parlar che li beneficii patronati fossero in servitú e gl'altri liberi, quasi che non sia chiara servitú l'esser sotto la disposizione della corte romana, la qual gli maneggia contra l'instituzione e fondazione, e non sotto la patronia de' secolari che gli conservano. Oltra la censura d'alcuni decreti per la sudetta causa, aggiongevano che altri erano contra le consuetudini et immunitŕ della Chiesa gallicana: la riservazione delle cause criminali gravi contra li vescovi alla cognizione del solo pontefice dicevano levar la facoltŕ a' concilii provinciali e nazionali, che sempre in ogni caso le avevano giudicate; e con gravar essi vescovi, tirandogli a litigar fuori del regno, contra non solo il costume di Francia, ma anco gl'antichi canoni de' concilii, che hanno voluto sempre esser giudicate e terminate le cause nelle proprie reggioni.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Istoria del Concilio Tridentino
di Paolo Sarpi
pagine 1561

   





Chiesa Francia