Pregò ancora Sua Santità che almeno per qualche tempo concedesse che si potessero reconciliar alla Chiesa li sacerdoti maritati, ritenendo le loro mogli, et ordinar anco de' maritati.
A queste lettere era aggionta una remostranza o considerazione composta da' teologi catolici di Germania, nella quale si diceva: esser cosa chiara che la Scrittura del Nuovo e Vecchio Testamento permette le mogli a' sacerdoti, perché gl'apostoli, eccettuati forse pochi, furono maritati, né si trova che Cristo, dopo la vocazione gl'abbia fatto separar dalle mogli. Che nella Chiesa primitiva, cosí orientale come occidentale, li matrimonii de' sacerdoti furono liberi e leciti sino a papa Calisto; che le leggi civili non condannano il matrimonio de' chierici; esser anco certo che il celibato nel clero è migliore e piú desiderabile, ma per la fragilità della natura e per la difficoltà del servar la continenza pochi si trovano che non sentino li stimoli carnali. Però narra Eusebio che Dionisio di Corinto ammoní Pinito vescovo che tenesse conto della debolezza della maggior parte e non ponesse il peso del celibato sopra li fratelli. E Pafnuzio, nel concilio niceno, dicendo che l'uso della propria moglie era castità, persuase il concilio a non imporre legge di celibato. E la sesta sinodo constantinopolitana non proibí l'uso delle mogli se non nel tempo che avevano ad offerir sacrificio. Che se mai vi fu causa di permetter a' chierici il matrimonio era in quel secolo, che di cinquanta sacerdoti catolici, a pena se ne trova uno che non sia notorio fornicario.
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