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      E questo è quello che vorrebbe, ed ogni giorno tenta quella Corte, cioè, d'haver in sua mano, sotto colore di Religione l'amministrazione d'alcune cose, senza le quali gli Stati non puonno reggersi, perche mediante quelle resterebbe arbitra d'ogni governo. Per questa causa cotidianamente li Pontefici dicono, volendo far ricevere le loro ordinazioni, che se passarà inconveniente, s'habbia ricorso à loro, che rimedieranno. Mà il rimedio che non viene dal medesimo Prencipe, anzi dà chi hà altri interessi, è peggiore del male. Dio, l'opere di cui sono perfette, ed il quale è autore di tutti li Principati, dà ad ogn'uno tutta l'autorità necessaria per ben governare, nè vuole che sia riconosciuta dà altri che dà sua Divina Maestà. Tutto ciò ch'un Prencipe riconosce dà altri che dà Dio, è servitù, e soggezione.
      Ciò è detto generalmente della considerazione, che si deve havere in publicare, e ricevere l'ordinazioni pontificie fatte già in questa materia d'heresia, mà molto più converrà usar diligenza intorno quelle che per l'avvenire si faranno. Delle già fatte il numero è determinato, si sà s'altrove sono ricevute o nò, in che osservanza sono, ch'interpretazione ricevono, dove mirano, che consequenza di buoni, o cattivi effetti possono seco portare. Mà per l'avvenire, se fosse lasciata libertà alla Corte, il numero s'accrescerebbe in infinito. Quando una di nuovo compare, non si sà se'l mondo la riceverà o nò: la mira di chi l'ha fabbricata, non è ancora scopperta, la sperienza non hà mostrato che effetti possa produrre, e però ogni dilazione, e maturità in riceverla, porterà utilità infinita.


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Discorso dell'origine forma leggi ed uso dell'Ufficio dell'Inquisizione di Venezia
di Paolo Sarpi
pagine 128

   





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