La materia de' libri, per cosa di poco momento, perche tratta di parole, mà dà queste parole vengono l'opinioni nel mondo, che causano la partialità, le sedizioni, e finalmente le guerre. Sono parole ś, mà che in consequenza tirano seco esserciti armati. In questa materia i Romani nasconder non puonno due loro pretensioni molto ardue. La prima, che coś possino prohibir libri, non solo per causa di Religione, mà ancora per qualsivoglia altra. La seconda, che il Prencipe nello stato suo non possa prohibir alcun libro per qualsivoglia causa, e che se alcuno sarà approvato dà loro, non possa il Prencipe, se ben lo giudicasse nocivo, impedire che nello Stato suo non sia tenuto stampato, e publicamente venduto. E mettendo queste pretensioni in opera, fanno pregiudizio al temporale in tre particolari molto notabili.
Il Primo, prohibendo, overo corrompendo i libri buoni, ed utili per mantenner il buon governo. Secondo, prohibendo libri, che à loro non s'aspetta il prohibirli. Terzo, mettendo impedimento al secolare, che non possa rimuovere cị che vede nocivo al buon governo. De' quali tre pregiudizi convien trattar particolarmente, per considerar li rimedij.
Intorno al Primo, sopra la prohibizione dei libri, che à Roma non piacciono, se ben sono buoni, e santi, perche diffendono la potestà temporale, è cosa chiara che il Prencipe, massime che regge coll'arti della pace, hà per instrumento principale, che il popolo habbia per ferma questa verità, cioè, che'l Prencipe è constituito dà Dio, e regge con autorità divina: ed il suddito per consequenza, e per conscienza è tenuto ad ubbidirlo, e nol facendo offende Dio, che l'oblig̣ à portar le publiche gravezze, o personali nell'essercitar i Carichi, o reali in Tributi, vettigali, ed altre forme; lega la conscienza, ed obliga sotto peccato alla restituzione chi ricusa portarli, o chi li frauda.
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