È tal disordine è frequente, e sarebb'anco frequentissimo, senon temessero, che alle querele de' librari fosse dato orecchio dai Prencipi: perch'ogni Cortiggiano per acquistar merito, si mostra zelante in notar li pregiudizi della Corte, ed anco le ombre di quelli, non solo nei libri stampati fuori d'Italia, mà anco ne gl'approvati dall'Inquisizione, ed anco nelli stampati dalla medesima Roma. Il giusto vorrebbe, che se in un libro stampato con l'approvazione, si trova qualche cosa contra la Religione, fossero pagate le spese dà chì l'hà approvato, poiche il libraro non hà colpa. Mà se si trova cosa, che per i suoi rispetti non piaccia alla Corte, non pare raggionevole, che si permetta prohibizione, come pare anco che nel Concordato del 1595. fosse risoluto, quando dice, Che per l'avvenire non siano prohibiti libri, senon forastieri, o stampati senza licenza, overo con false licenze. Se ben tali parole potrebbonsi cavillare per non haver fatta l'eccezione della Religione. Mà esposto il Concordato in questo senso, non si può se non lodare.
Il Capitolo XXX. ed XXXI. che parlano dell'Arti secolari, e falli de gli artefici, non saranno mai tanto essattamente osservati, che sia soverchio. Ogni ben ordinata Republica, quando nasce delitto di molta attrocità, instituisce un Magistrato proprio per conoscere di quello solamente, acciò la cura d'altre cose non lo divertisca. Per questa causa nella Republica Christiana fù instituito l'Offizio dell'Inquisizione, che attendesse solo ad estirpar l'Heresia.
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