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      Ascoltò il Pontefice con impatienza, storcendosi, & mostrando con li gesti del volto & del corpo il disgusto che interiormente sentiva, & poi rispose, che le ragioni allegate non valevano niente, che non bisognava fondare sopra la consuetudine del giudicare, per che era tanto peggiore, quanto più vecchia: mà delli brevi, rispose, che non vi era altro archivio de brevi Ponteficij se non a Roma; che quelli de quali si voleva valere erano scartafacci, & haverebbe givocato il Rochetto, che non vi erano brevi autentici in questa materia, & quanto all'ordinatione, diceva che giovinetto negli studij, poi ne gli Ufficij Vicelegato, Auditor di camera, & Vicario del Papa, era versato & ben intendente di quelle materie, & sapeva molto bene che quella legge non poteva stare, come ne anco la vecchia del 1536. che il Dominio delli beni è de' privati, & che per tanto conviene lasciargli libera la dispositione, & che il restringerla è tirannia; che il medesimo Senato l'haveva per poco honesta, poiche aveva commandato che non si dasse la copia ad alcuno, che se altrove sono leggi di quella natura, saranno state fatte con l'autorità de' Pontefici; che non toccava a Venetiani governar lo stato Ecclesiastico, mà alli Papi, quali potevano fare che sorte di statuti piaceva loro nel proprio stato, & che voleva esser obedito. Non avvertiva il
      Pontefice portato dalla vehementia dell'affetto, che proponendo la difesa della libertà Ecclesiastica, non difendeva quella, mà la licenza delli secolari di dispor delli beni ad arbitrio senza freno delle leggi.


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Historia particolare delle cose passate tra il Sommo Pontefice Paolo V e la Serenissima Repubblica di Venezia
di Paolo Sarpi
pagine 236

   





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