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      Esso varia a poco a poco e in modo continuo, tanto nell'aumentare, quanto nel decrescere. Volendo dunque dare un'idea di questa durata che non si misura per ore, nè per anni, ma per un certo numero di giorni, bisogna usare una espressione indefinita che non indichi nè un'unità di tempo troppo breve nè una troppo lunga. Noi diremmo che il massimo splendore di Marte dura alcune settimane, e in questo senso appunto di alcune settimane deve intendersi l'espressione 7, 14, 21 giorni.
      Il tempo che Marte impiega nel suo moto retrogrado è indicato nel medesimo modo, e così in forma evidente si dà ad intendere che questo tempo coincide con quello del massimo splendore. Anche qui vale la medesima considerazione. Il moto retrogrado di Marte al suo principio e al suo fine (cioè vicino alle stazioni) è lentissimo e quindi molto difficile a determinare con osservazioni fatte a semplice vista senza strumenti. Basterà dire che il pianeta in questi casi può rimanere per un mese intero nel medesimo grado di longitudine, e che pertanto due osservatori potevano facilmente differire di un mese intero nel fissare l'epoca delle stazioni. Se mai gli astronomi babilonesi hanno tentato di determinare la durata di quel moto, hanno dovuto trovare risultati assai discordanti; quindi l'indicazione indeterminata 7, 14, 21 giorni è anche qui l'espressione delle perplessità in cui hanno dovuto trovarsi quei primi osservatori.
      Simili difficoltà non potevano aver luogo nel fissare approssimativamente i punti del cielo in cui Marte faceva le sue stazioni, e quindi neppure nel determinare la lunghezza dell'arco di retrogradazione.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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