Tali nozioni debbono quindi esser considerate come patrimonio comune delle prime generazioni umane, anche di quelle che in progresso di tempo non seppero elevarsi al di sopra dello stato selvaggio. Per quanto semplici e rudimentali, esse costituiscono già un principio di scienza astronomica. Quell'uomo dell'età paleolitica che riconobbe l'andamento periodico delle fasi lunari e si studiò di trovare quanti giorni sono compresi in una lunazione, compì un'operazione altrettanto scientifica ed altrettanto astronomica, quanto può essere per un astronomo moderno il determinare la rivoluzione di un pianeta, o d'una cometa, o il periodo secondo cui si rinnova l'intensità luminosa di una stella variabile.
Ciò ben considerato, si vedrà subito quanto ozioso e futile sarebbe il proporsi d'investigare in qual tempo ed in qual luogo abbia avuto origine l'Astronomia, e da chi sia stata inventata. Non già, come dicevano le favole classiche, fu inventata da Atlante, o dal centauro Chirone insegnata ad Achille; nè, come volle più tardi una falsa erudizione, di essa furono autori Abramo, o Thoth, o Belo, o Zoroastro. Ogni popolo l'ha trovata per suo conto, e nella forma più consentanea ai proprii bisogni ed al proprio tipo intellettuale; ma non tutti vi fecero uguali progressi. Molti fra i meno inciviliti sono rimasti anche oggi alle prime nozioni, quali possiamo supporre abbiano corso fra gli abitatori della Terra del Fuoco, o fra gli aborigeni della Nuova Olanda. Altri, meglio dotati di perspicace intelligenza, e sopratutto della tanto necessaria curiosità, giunsero a più alto segno, specialmente ove già di buon'ora l'osservazione dei fenomeni celesti fu connessa coi riti religiosi, o servì a trarre da quei fenomeni un modo di presagio dei fatti avvenire.
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