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      Ma non bastava possedere i documenti della cultura assiro-babilonese, bisognava leggerli ed intenderli. Non è questo il luogo di esporre il modo quasi miracoloso, con cui in pochi anni si giunse ad interpretare quei testi, scritti in una lingua ignota con caratteri ignoti, con tali complicazioni, di cui negli studi filologici e grammaticali fin allora noti s'era avuto esempio; è stato questo uno dei più grandi trionfi dell'ingegno umano nel secolo XIX.
      Già fin dai primi passi i patriarchi dell'Assiriologia, Rawlinson ed Hincks, determinarono la natura del calendario usato dagli Assiri e dai Babilonesi, il quale era stato fino a quel tempo oggetto di molta controversia. Senza fatica essi riconobbero in esso un calendario lunisolare, identico a quello usato in alcuni libri più recenti dell'Antico Testamento; e non senza maraviglia si vide, che Sennacherib e Nabucodonosor designavano i mesi dell'anno con quei medesimi nomi, che oggi ancora gli Israeliti usano nelle loro sinagoghe per regolare i riti del culto. In progresso di tempo diversi Assiriologi, come Oppert in Francia, Sayce e Brown in Inghilterra, e sopratutto Jensen e Hommel in Germania mossero i primi passi per l'interpretazione dei documenti astronomici assiro-babilonesi; ma in questi loro laboriosi tentativi il successo fu assai lento a venire. Sono da ricordare qui in prima linea le dotte ed accurate disquisizioni di Jensen, il quale nella sua Cosmologia dei Babilonesi (1890) riuscì a stabilire definitivamente diversi punti fondamentali.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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