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      I Babilonesi invece, partendo dall'istante del tramonto del Sole, contavano per tutto lo spazio del giorno e della notte dodici kaspu, cioè dodici intervalli, uguali ciascuno a due delle nostre ore. Essi davano lo stesso nome kaspu allo spazio percorso in due ore da un viandante, che son circa 10 chilometri. Nelle misure celesti usarono il kaspu solare, cioè lo spazio di 30° che il Sole percorre nel suo moto diurno in due ore di tempo. Applicando lo stesso principio alla Luna, essi diedero il nome di kaspu all'arco percorso in due ore dalla Luna nel suo moto sinodico rispetto al Sole; il quale arco, supposta di 30 giorni la durata della lunazione, è di un grado appunto dei nostri. Questa unità del grado celeste fu poi dagli astronomi in epoca più recente trasportata anche nelle misure di tempo. Nelle tavole astronomiche Babilonesi dell'epoca posteriore ad Alessandro Magno l'unità di spazio è l'arco di un grado, come si usa da noi, ma l'unità di tempo è il grado di tempo, cioè i quattro minuti nostri, in cui la rivoluzione diurna del Sole progredisce di un grado di arco. Così si aveva perfetta corrispondenza fra le misure di tempo e le misure di arco. Così è nata la divisione del circolo in 360°, che fu poi adottata dai Greci; e da questi l'hanno appresa tutti gli astronomi e matematici posteriori.
      OSSERVAZIONI ASTRONOMICHE. - Non vi può essere vera astronomia senza un computo esatto dei tempi, il quale permetta di assegnare giorno per giorno l'intervallo trascorso fra le epoche di due osservazioni qualsiansi.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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