Invece quando troviamo scritto che Isliê è visibile tutto l'anno, ne inferiremo una posizione alquanto lontana dall'eclittica, ed una notevole latitudine boreale. E se altrove troviamo che Idhu e Kaksidi fanno insieme il loro levare eliaco nel mese di Dûzu, vediamo diminuita in parte l'incertezza che ancora pesa sulla ricognizione di queste due stelle.
Le nostre più sicure nozioni circa l'interpretazione dei nomi uranografici babilonesi sono dovute alle dotte e laboriose investigazioni del P. Epping, il quale nel memorabile libro intitolato: Astronomisches aus Babylon, col mezzo di calcoli che qui sarebbe troppo fuor di luogo esporre, riuscì ad identificare 28 nomi di stelle o di asterismi zodiacali, che si trovano consegnati in due tavolette del secolo II prima di Cristo. Questi nomi sono, a dir vero, in parte differenti da quelli usati cinquecent'anni prima nelle tavolette di Ninive; tuttavia anche nell'interpretazione di questi ultimi le determinazioni di Epping saranno sempre il punto d'appoggio più sicuro per ricerche ulteriori. È un fatto degno di osservazione, che la divisione ed i nomi delle costellazioni zodiacali noti sembrano esser stati sempre gli stessi nei diversi tempi. Ma parecchi dei nomi da noi usati si trovano già anche nei documenti più antichi ed anteriori alla distruzione di Ninive, come Gud-anna, il Toro celeste, e forse più specificamente le Hyadi: Maš-tabba gal-gal, i grandi Gemelli, cioè le due stelle da noi denominate alla greca Castore e Polluce: la costellazione Ur-a, il Leone, colla grande stella allora chiamata in sumeriano lugal, in babilonese šarru, cioè il re, oggi da noi detta Regolo col diminutivo: Gir-tab lo Scorpione, che in nulla differisce dal nostro.
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