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      Ed è certo, che già ai tempi di Nabucodonosor I e di Merodach-baladan I (1100 o 1200 av.Cr.) i tre astri Luna, Sole e Venere costituivano una triade astronomica, rappresentata in moltissimi luoghi; il che non s'intenderebbe, se le due apparizioni di Venere fossero allora state considerate come appartenenti a due astri diversi. A quell'epoca adunque già era stato riconosciuto il vero stato delle cose rispetto a Mercurio ed a Venere.
      Nelle tavole astrologiche si fa dei pianeti menzione frequentissima. La loro presenza sull'orizzonte, il loro levare o tramonto eliaco, la loro configurazione rispetto alla Luna, rispetto ad altri pianeti, e rispetto ad alcune stelle principali, le stazioni e retrogradazioni loro erano oggetto di continua osservazione, quantunque quasi sempre più con intento astrologico, che con intento veramente scientifico. I loro nomi più usati erano:
      per Mercurio Gud, Lubat-Gud;
      per Venere Dilbat. talvolta Nindaranna;
      per Marte Zalbatanu, Simut;
      per Giove Sulpauddu, Sagmegar;
      per Saturno Saguš, Kaivanu.
      Circa i loro moti apparenti qualche studio era già stato fatto anche prima della caduta di Ninive. In una tavoletta trovata fra le rovine di questa città (e conservata nel Museo Britannico sotto la sigla K 2894) si legge la seguente descrizione dei fenomeni che si osservano in Marte durante le opposizioni di questo pianeta: "Quando la stella di Marte diventa potente, accresce il suo splendore; VII giorni, XIV giorni, XXI giorni questo pianeta sorge luminosissimo; VII giorni, XIV giorni, XXI giorni ritorna indietro, indi continua a fare il prescritto corso". In linguaggio moderno: Marte nella sua maggior potenza diventa splendido e tale resta parecchie settimane di seguito; così pure per parecchie settimane diventa retrogrado, per ripigliare poi il corso usato, così che due e tre volte rifà la medesima strada.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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