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      L'osservazione continuata del moto apparente dei cinque pianeti aveva fatto riconoscere che essi compivano con moto ora diretto ed ora retrogrado (verso levante e verso ponente), e seguendo un corso alquanto irregolare, il giro di tutto il cielo, non scostandosi mai molto dall'harran šamši, cioè dalla linea percorsa dal Sole, e passando a poca distanza dalle dodici stelle indicatrici dei mesi, di cui sopra abbiamo parlato. Il principio di questo corso si supponeva per tutti (Sole, Luna, e pianeti) nell'immediata vicinanza della costellazione Dilgan, cioè della testa dell'Ariete. A tale gruppo di stelle si usava perciò dare anche la qualificazione di bab ilâni, che significa in babilonese "porta degli dei". Per intendere questa denominazione è da sapere, che al nome di ciascuno dei sette astri (Sole, Luna, e cinque pianeti) si usava per lo più di premettere il determinativo ilu, che significa "dio". L'asterismo Dilgan segnava dunque il luogo di partenza da cui quei sette astri si supponevano incominciare le loro periodiche rivoluzioni; la porta, per la quale essi entravano nel corso loro assegnato.
      Da molti si crede di dover riferire ai Babilonesi e ad un'alta antichità l'uso di denominare i sette giorni della settimana coi nomi dei sette astri percorrenti lo zodiaco, cioè del Sole, della Luna e dei cinque pianeti. È facile provare esser questa opinione priva di fondamento. Già abbiamo veduto, parlando del calendario, a che cosa si riducesse la pretesa settimana babilonese, la quale ad ogni modo era una settimana regolata dai quarti di luna, e non una settimana corrente con periodo continuato e regolare, quale fu presso gli Ebrei, e quale è presso di noi.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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