Aggiungiamo a questo le difficoltà, che pei problemi lunari derivavano dalle loro false od incerte idee sulla forma e sulla grandezza della Terra, e la conseguente ignoranza della parallasse. Pure è noto che Seleuco, astronomo babilonese del II secolo, non solo conosceva la rotondità della Terra, ma altresì ne ammetteva la rotazione intorno al proprio asse. Come mai dunque i suoi colleghi, i quali non potevano ignorare affatto la scienza dei Greci, non seppero (o non vollero) introdurre nei loro calcoli lunari un elemento così importante, il quale solo poteva loro permettere di interpretare a dovere le osservazioni della Luna? Insomma, anche ammirando tutte le combinazioni ingegnose dei calcoli babilonesi, dobbiamo pur confessare che in molte e molte cose quegli astronomi avevano sbagliato strada. A rappresentare i fenomeni essi credettero sufficiente l'artifizio dei numeri, e non furono abbastanza convinti, che i problemi astronomici sono anzitutto problemi di Geometria.
Tutto quello che finora è venuto in luce della scienza babilonese mostra, che essi di Geometria possedevan soltanto quelle nozioni, dirò così, intuitive e immediatamente suggerite dalla pratica, quali può avere uno qualunque dei nostri disegnatori. Quale differenza coll'alta logica geometrica dei Greci! Nulla è più adatto a farci intendere l'enorme contrasto mentale fra i due popoli che questa considerazione. Il Greco, filosofo e ragionatore prima che osservatore, cominciò subito dalla speculazione; pochissimo conosceva del mondo, e già si domandava quale fosse il principio universale su cui esso è fondato.
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