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      E se il sovrano pregio del tradurre sta nel riprodurre il concetto dell'originale senza nulla aggiungervi e senza nulla levarne, non potremo far a meno di riconoscere qui tal pregio in grado eminente. A questa difficile temperanza però non si sono rassegnati gli autori delle più moderne versioni, i quali in questo luogo non si son contentati di tradurre, ma hanno voluto anche commentare in qualche modo, introducendo supposizioni o concetti che l'originale Ebraico e la Vulgata non contengono: ed ecco in qual maniera.
      In primo luogo ragionando sull'espressione interiora Austri si può plausibilmente supporre, che non si tratti del vento australe, ma della plaga australe; perchè un vento non si sa che abbia parti più interne o più segrete di altre parti. E poichè nel nostro versetto IX, 9 si tratta di opere magnifiche dovute all'Onnipotente, senza troppo arrischiarci potremo restringere il concetto interiora Austri e determinarlo maggiormente dicendo che si tratta di cose belle e magnifiche contenute nella parte più interna della plaga australe del mondo. Ciò posto, sarà da decidere se queste cose belle siano da supporsi nella parte australe della Terra, o nella parte australe del cielo. L'opinione di Reuss, già sopra ricordata, che si tratti qui delle regioni australi della Terra, mi pare poco probabile. Perchè delle parti australi della Terra gli Ebrei non conoscevan bene che i deserti dell'Arabia Petrea ed il Mar Rosso. Una lontana cognizione avevano essi dei tesori di Saba, di Ophir e di Hevila, tutte regioni d'Arabia d'onde venivan cose certo assai belle; oro, gemme ed incensi, che avrebbero potuto giustificare l'appellazione di tesori del sud per quelle regioni.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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