Sarà dunque, che l'identità delle parole nell'ebraico, nel greco e nel latino sia segno di una identità, o almeno di un'analogia nel significato?
Diversi argomenti parlano in favore di questa supposizione. Già il parallelismo delle due sentenze che compongono il versetto sembra render probabile, che trattandosi di Arturo nella seconda, qualche cosa di corrispondente debba pure trovarsi nella prima. Ma un argomento di maggior peso si deduce dal senso stesso della prima sentenza: secondo il quale dal cheder esce la sufah, cioè il vento impetuoso o il turbine. Ora nell'opinione degli Ebrei l'origine di tali turbini stava precisamente nelle regioni australi. Zaccaria IX, 14: Vadet in turbine Austri. E ancora più chiaramente Isaia XXI, 1: Sicut turbines ab Africo veniunt; dove all'Africo corrisponde nell'ebraico negheb, nome usitatissimo per indicare la plaga australe80, e perfetto sinonimo di theman.
Adunque i cheder da cui hanno origine i turbini si trovan nella plaga australe: e sono la stessa cosa che i chadrê theman, di cui più sopra abbiamo parlato81. In questo modo il parallelismo delle due parti del versetto diventa grande quanto è possibile desiderare.
IX.
Tale conclusione ci permette ora di farci un'idea un po' ragionevole circa il modo con cui si deve intendere la seconda parte del versetto considerato. Conservando i vocabili essenziali dell'ebraico, tale versetto dice: "dal cheder viene il turbine, e dai mezarîm il freddo". Gl'interpreti non son tutti d'accordo circa il significato della parola mezarîm. Alcuni la fanno derivare da zarah (latino dispersit), di cui essa sarebbe un semplice participio, come sarebbe a dire disperdentes; e dicono che sono i venti disperditori delle nuvole.
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