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      Ma perchè venti e perchè nuvole? Pure tale è la sentenza di David Kimchi e dello Schultens, alla quale si accosta anche il Gesenio.
      Altri hanno osservato che fra i due membri del versetto esiste non solo parallelismo, ma anche una specie di opposizione simmetrica; nel primo si parla dell'Austro, vento caldo; nel secondo del freddo, il quale non può venire che dal settentrione. Tale opposizione era già stata notata da Lutero, il quale tradusse Von Mittag her kommt das Wetter, und von Mitternacht Kälte. Similmente Diodati: La tempesta viene dall'Austro, e il freddo dal Settentrione. Tenendo conto di questo fatto sembra naturale il pensare, che se il cheder del primo membro rappresenta una costellazione del mezzodì, i mezarîm che apportano il freddo, non possono esser altro che stelle settentrionali: e quali altre allora, se non dell'Orsa, o dell'Orse?
      I LXX traducono il secondo membro ?p? ???t????? ?????82, e la Vulgata identicamente ab Arcturo frigus. Tanto nell'un caso che nell'altro è evidente (e la cosa è stata già osservata dal celebre Grozio), che invece di Arturo, (cioè della lucida di Boote) bisogna qui intendere Arctos, cioè l'Orsa. È questo uno scambio che si trova frequentemente negli scrittori non appieno eruditi nell' uranografia83; e nel presente caso non vi può esser dubbio alcuno. Infatti il freddo per gli Ebrei, come per noi, veniva dal settentrione, siccome chiaramente si afferma nell'Ecclesiastico84, e stella settentrionale non poteva dirsi Arturo, la cui distanza dall'equatore celeste al tempo dei LXX e della Vulgata si aggirava intorno ai 30 gradi85. Considerate tutte queste cose, credo che mezarîm non possa significar altro che le costellazioni più vicine al polo artico, probabilmente l'Orsa maggiore o entrambe le Orse; alle quali allora, anche meglio di adesso, corrispondeva la direzione dei venti freddi settentrionali86. E perciò opportunamente l'Autore del libro di Giobbe dalla parte dove apparivano i ckadrê theman, cioè la gran costellazione australe, disse venire l'Austro tempestoso e caldo; e il freddo aquilonare fece venire dalla parte ove ogni notte si vedevan le stelle più boreali, quelle dei mezarîm, cioè delle costellazioni artiche.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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