Ora questo non si può dire dei mezarîm o mizrajim, dato che sian le Orse; perchè esse al tempo di Giobbe erano entrambe del tutto circumpolari per la latitudine della Palestina, e come tali non potevano uscir fuori in nessun tempo. Essendo poi perpetuamente visibili da sera a mane in ogni notte serena, non si poteva dire di loro che ripetessero le loro apparizioni a tempo determinato.
XII.
Resta a discutere, quale relazione potrebbero avere il nostro mizreh o i nostri mizrajim col nome di Mizar, che è stato applicato ora ad una ed ora ad un'altra delle sette stelle formanti la Grande Orsa. Sebbene questo figuri oggi fra i nomi, più o meno giustamente appellati arabici, dati dagli astronomi a certe stelle, possiamo tuttavia affermare con certezza che esso non fu mai usato dagli Arabi in alcun tempo. Invano lo si cercherebbe nelle uranografie di Alsufi e di Kazwini, o in qualcuno dei vecchi globi arabici che si conservano in varii Musei d'Europa. Il nome Mizar è stato introdotto da Giuseppe Scaligero, il quale nei suoi commenti al poema astronomico di Manilio pubblicò i primi studi sui nomi orientali delle stelle (1579), valendosi dei poveri mezzi che al suo tempo si possedevono per questo fine. In un certo planisfero celeste arabo-turco egli trovò il nome di Miras applicato a ß dell'Orsa Maggiore (noi sappiamo oggi che il suo vero nome presso gli Arabi era Merak); ed avendo sue ragioni per crederlo sbagliato, lo corresse arbitrariamente facendone Mizar, che in arabico significa la cintura o fascia dei lombi.
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