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      6. Considerate queste cose, nessuno potrà maravigliarsi che l'Astronomia presso gli Ebrei sia rimasta press'a poco in quel medesimo stadio, che sappiamo esser stato raggiunto (e talvolta sorpassato) da parecchie nazioni barbare dell'America e della Polinesia. Ma essi ebbero la fortuna di conservare a traverso i secoli la miglior parte della loro letteratura; e l'altra fortuna anche più straordinaria di vedere questa letteratura espandersi per tutto il mondo come base prima del Cristianesimo e diventare così patrimonio intellettuale se non della più grande, certo della più intelligente parte del genere umano. Quindi assai più che per i Babilonesi e per gli Egiziani, per i Fenici e per gli Arabi primitivi, siamo in grado di farci un'idea concreta delle loro nozioni astronomiche, e della loro cosmologia; favoriti in ciò dalla circostanza, che dagli scrittori biblici a tali materie si fanno frequenti allusioni.
      Mosso da questo pensiero, io ho creduto che potesse esser opera di qualche interesse il ricercar le idee che intorno alla costruzione dell'Universo avevano gli antichi sapienti d'Israele; quali osservazioni facessero degli astri, e come se ne servissero per la misura e per la divisione del tempo. Veramente non è in questo campo, che il pensiero israelitico si è manifestato nella sua maggiore originalità e nella sua maggior potenza. Tuttavia anche è vero, che nulla ci può essere indifferente nella vita di questo popolo straordinario, del quale l'importanza storica non fu certamente per noi inferiore a quella dei Greci e dei Romani.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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