8. Questa non è tuttavia la sola difficoltà che s'incontri nel nostro assunto. Sotto un sol nome ed in un sol volume di non grande mole l'Antico Testamento comprende molti scrittori d'epoche assai differenti, dei quali difficilmente si potrà dire, che tutti avessero del mondo e delle cose celesti un concetto assolutamente identico. E quando pure, trattandosi di nozioni affatto primitive e desunte dal più semplice testimonio dei sensi, non si possa aspettare in tal materia una grande diversità, non è men vero che nei particolari s'incontrano qua e là tra uno scrittore ed un altro alcune discordanze. Del che abbiamo un esempio nella teoria della pioggia secondo l'autore della Genesi e secondo l'autore del libro di Giobbe. In generale però, per quanto concerne la cosmologia, sembra che tutti gli scrittori abbian concepito le cose della natura secondo un tipo comune che non varia nelle linee principali.
Più grande è la diversità che s'incontra nelle varie epoche dell'ebraismo biblico per quanto concerne il modo di segnare le divisioni del tempo e circa l'uso di certi periodi settenari. Le quali materie non si potranno comprendere nella loro sequenza storica, ove non si conosca prossimamente, per ciascuno degli scrittori chiamati in testimonio, l'epoca in cui visse: epoca che per varii di essi, e specialmente per quelli del Pentateuco (che sono i più importanti), forma ancora soggetto di caldissima disputa. Così, a cagion d'esempio, per ben giudicare del valore storico delle notizie che ci sono rimaste intorno al gran periodo semisecolare detto Giubileo, è necessario sapere prossimamente in qual'epoca furono scritti i capitoli XXV e XXVII del Levitico; i quali da alcuni si credono opera di Mosè medesimo, mentre altri ne ritardano la composizione di quasi mille anni, fin dopo Esdra!
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