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      Quando vuol far piovere, l'Onnipotente serra le acque nelle sue nuvole, le quali s'incaricano di spanderle qua e là dov'è ordinato. Tuttavia presso Giobbe si parla ancora dei serbatoi della neve e della grandine, preparati per il giorno dell'inimicizia e della pugna (XXXVIII, 22-23), separando manifestamente questi prodotti dalla pioggia e dal tuono, di cui si fa menzione poco più sotto (XXXVIII, 25-28). È possibile dunque, che alla neve ed alla grandine fosse riservato dall'Autore il firmamento, del quale a dir vero egli non fa alcuna menzione, sebbene non gli manchi occasione di nominarlo.
      Ma l'evidente connessione delle nuvole colla pioggia non poteva sfuggire all'osservatore anche più superficiale, e se ne trovano parecchie indicazioni. L'autore del libro di Qoheleth dice (XI, 3): "Quando le nuvole son piene, versano la pioggia sulla terra". Nel II dei Re si descrive Iddio, che pone intorno a sè masse d'acqua e dense nuvole (XXII, 12), accennando con questa giustapposizione un nesso fra l'una cosa e l'altra161. Nel libro dei Giudici (V, 4) si dice che "i cieli e le nubi stillarono acqua". E nella Genesi (II, 6) si fa intervenire una nebbia a bagnare la polvere, e render così possibile l'impasto per la formazione del corpo di Adamo. La connessione delle nubi colla rugiada è indicata chiaramente in Isaia162.
      24. In generale si deve riconoscere, non essere agevol cosa il presentare un'indagine esauriente di quanto dicono gli scrittori Ebrei intorno alla causa e al modo d'operare dei fenomeni meteorologici.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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