37. Quale dobbiam credere fosse nella mente dei dotti d'Israele la disposizione di tutti i corpi celesti e l'ordine delle distanze? Già si è veduto che il firmamento sostenente le acque superiori e destinato alla distribuzione delle pioggie, come pure a servir da serbatoio per la neve e per la grandine, era da questi scrittori considerato come un complemento dell'edifizio terrestre, una specie di cielo meteorologico inferiore. Sovr'esso circolava di moto diurno il cielo astronomico superiore, nel quale si movevano con moto libero il Sole e la Luna. Questo cielo supremo avvolge la terra e il firmamento per ogni verso, e sopra di esso è la sede dell'Onnipotente. In alcuni luoghi della Bibbia occorre l'espressione schemê hasschamajim, cioè cielo dei cieli194. Questa espressione implica una esagerazione nel concetto di cielo, quale si riscontra anche per altri concetti195 nell'uso della lingua ebraica. Il cielo dei cieli non è dunque altro, che il più alto dei cieli, quello che tutto comprende196.
38. Non è impossibile, che insieme a qualche nozione astronomica gli Assiri ed i Babilonesi abbiano importato in Palestina anche il mal seme dell'astrologia. Quel popolo, che nei bassi tempi dei regni d'Israele e di Giuda si abbandonava alle più stupide e feroci superstizioni, manteneva indovini d'ogni sorta197, consacrava cavalli al Sole, adorava la milizia del cielo e sacrificava i suoi bambini nel Topheth, non sarà stato immune intieramente dalla superstizione astrologica, meno assurda e meno abbominevole di tante altre.
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