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      Tale opposizione era già stata notata da Lutero, il quale tradusse Vom Mittag her kommt das Wetter, und von Mitternacht Kälte. Similmente Diodati: La tempesta viene dall'Austro, e il freddo dal Settentrione. Tenendo conto di questo fatto sembra naturale il pensare, che se il cheder del primo membro rappresenta una costellazione nel mezzodì, i mezarim, che apportano il freddo non possono esser altro che una costellazione del settentrione: e quale altra se non l'Orsa o le Orse?
      52. I LXX traducono il secondo membro ?p? ???t????? ?????220, e la Vulgata identicamente: ab Arcturo frigus. Tanto nell'un caso che nell'altro è evidente (ed è stato già osservato da Grozio), che invece di Arturo (cioè della lucida di Boote) bisogna qui intendere Arctos, cioè l'Orsa. È questo uno scambio che si trova frequentemente negli scrittori non appieno eruditi nell'Uranografia221: e nel presente caso non vi può esser dubbio alcuno. Infatti il freddo per gli Ebrei, come per noi, veniva dal settentrione, siccome chiaramente si afferma nell' Ecclesiastico222; e stella settentrionale non poteva dirsi Arturo, la cui distanza dall' equatore celeste al tempo dei LXX si aggirava intorno ai 32°, e al tempo della Vulgata intorno ai 28°. Considerate tutte queste cose, credo probabile che mezarim non significhi altro che le costellazioni più vicine al polo artico, probabilmente l'Orsa maggiore, o entrambe le Orse; alle quali allora, anche meglio di adesso, corrispondeva la direzione dei venti freddi settentrionali223. E perciò opportunamente l'Autore del libro di Giobbe dalla parte dove apparivano i chadrê theman, cioè la gran costellazione australe, fece venir l'Austro tempestoso e caldo; e il freddo aquilonare fece venire dalla parte ove ogni notte si vedean le stelle più boreali, quelle dei mezarim, cioè delle costellazioni artiche.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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