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      Nel gruppo delle sette stelle Jensen e Zimmern vedono una rappresentazione delle Plejadi409. Già assai prima Layard aveva creduto di riconoscere una certa somiglianza nel modo di aggruppamento delle une e delle altre410. La somiglianza tuttavia lascia qualche cosa a desiderare, perchè le Plejadi all'occhio nudo sono soltanto sei, disposte in una fila piuttosto irregolare di quattro ed in un'altra quasi parallela di due. Delle altre stelle telescopiche, la più brillante, che potrebbe per un occhio acutissimo compire il numero di sette, è affatto fuori dell'ordine formato dalle sei più luminose visibili ad occhio nudo. È vero del resto che delle Plejadi molto si giovarono i Babilonesi per determinare, osservandole nei primi giorni di ogni anno, se quell'anno allora incominciato doveva essere di dodici o di tredici lunazioni. Ma questo non sembra sufficiente per giustificare la costante associazione delle Plejadi colle grandi divinità, Sin, Šamaš, ed Ištar.
      Forse si può vincere ogni difficoltà ponendo l'ipotesi che il concetto fondamentale di queste rappresentazioni astronomiche sia molto antico, ed appartenga all'epoca in cui per i Babilonesi (come si può provare per gli Egiziani) il numero dei pianeti minori era di sette anzichè di cinque; epoca in cui, non essendo per anco constatata l'identità di Esperò e di Fosforo, e non conoscendosi ancora l'altra identità (molto più difficile a stabilire) di Mercurio mattutino con Mercurio vespertino, questi pianeti contavano ciascuno per due.


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Scritti sulla storia della astronomia antica
Tomo I
di Giovanni Virginio Schiaparelli
pagine 604

   





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